Sorbillo: La Pizza di Napoli

SORBILLO: LA PIZZA DI NAPOLI

di FRANCESCO AIELLO

Edito da Edizioni l'Ippogrifo

Pagine    144

Prezzo   35,00 euro

La storia dei grandi pizzaioli di Napoli è anche la storia di Napoli. Gino Sorbillo incarna perfettamente questa aderenza al luogo d’origine, sia perché appartiene ad una delle famiglie storiche che hanno legato il loro nome all’arte di fare la pizza, sia perché, nonostante il successo e la notorietà conquistati, ha conservato un rapporto intimo e costante con la città. In perfetto equilibrio tra memoria del passato e spiccata sensibilità ai gusti contemporanei, l’avventura umana e professionale di Sorbillo, nel volume curato da Francesco Aiello per le Edizioni dell’Ippogrifo, testimonia l’attuale valenza culturale della pizza e dei pizzaioli a Napoli e nel mondo, con riflessi che vanno al di là degli aspetti gastronomici del fenomeno. Lungo le pagine del libro, con il contributo di Angelo Cerulo dedicato al personaggio-Sorbillo e le fotografie di Pietro Avallone, la storia del protagonista si interseca con elementi storici di una città straordinaria che, ben prima di ogni moderno fenomeno di globalizzazione alimentare, ha dato al mondo uno dei piatti più conosciuti e apprezzati.  La pizza e Napoli, infatti, nel tempo, sono riusciti a creare una forte immagine comune, quasi una simbiosi che riguarda gli aspetti storici, culturali e tradizionali. L’esistenza di questo complesso patrimonio locale, una sorta di “genius loci”, carico di significati e valenze anche simboliche, identifica questa città e rende familiari sia determinati odori e sapori, sia lo stesso paesaggio urbano. Non a caso il racconto della pizza è arricchito dalle “testimonianze” appassionate di coloro che a diverso titolo esprimono oggi la cultura, l’economia e la gastronomia di Napoli: l’intellettuale Jean-Noël Schifano, il cuoco pluripremiato Alfonso Iaccarino, il “re delle cravatte” Maurizio Marinella e il presidente della Camera di Commercio Maurizio Maddaloni. In questo contesto narrativo Sorbillo va iscritto d’ufficio nel ristretto novero dei cosiddetti “pizzaioli-comunicatori” per la sua capacità di interpretare e raccontare con modernità il mestiere di pizzaiolo, lontano da ogni forma di agiografia e ben inserito nella geografia e nell’economia gastronomica contemporanea.

 

 

 

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